18ª tappa – 14 agosto Dallas 🤠

il percorso sulla carta era impegnativo più che altro per la distanza, circa 165km, in realtà qualche situazione collaterale ha aggiunto penalità non previste. 

Parto alle 6:40 e per prima cosa non funziona la navigazione. L’applicazione è bloccata, le provo tutte, cambio impostazioni, riavvio il cellulare. Niente. Parto con l’app di emergenza, Google map, che però non ha le carte dettagliate da usare off-line. Potrò vedere dove mi trovo e dovrò orientarmi. Dopo cinque o sei chilometri di stradine di periferia ecco due ciclisti. I primi da quando sono partito. Facciamo due chiacchiere pedalando e mi dicono di seguirli, mi avrebbero portato sulla US64. Avevano acquistato le bici dal tipo che mi aveva aiutato il giorno prima. Dopo un po’ di strada insieme e un paio di selfie, mi lasciano sulla strada giusta. La strada si è rivelata corretta come direzione, ma un delirio. Su 60 chilometri circa, 25 erano fati di un asfalto orribile. Peggio dello sterrato. Un bitume spesso di sassi agglomerati col catrame nero. Un saltellare unico, ruote,  bici e ciclista massacrati per più di due ore. Riprende la strada normale e dopo tanto trambusto e tante maledizioni mandate, sembrava di pedalare sul velluto. Si nota un primo cambiamento nei paesaggi. I fitti boschi e le foreste, stavano facendo spazio ad ampissime radure. Pascoli ovunque, alcune mucche con corna lunghissime. Le prime praterie del Texas. 

Per la seconda parte della tappa, mi affido alla I20 non appena la incrocio. Tutto un altro andare. Arrivo a Dallas fortunatamente con un cielo parzialmente nuvoloso. La temperatura era sopportabile. Due frappuccini da Starbucks, dove col Wi-Fi chiamo Mariangela per le rassicurazioni del caso. Approfitto della rete anche per prenotare un hotel vicino. La cena, alle 6 e mezza in un posto italiano “Spaghetti with balls” direi, un piatto Italo americano, non male, ne ho mangiati di peggio in Italia.

15 agosto, Gordon Texas

Altra tappa tosta, anche questa oltre 160 chilometri. 

Parto col navigatore ri-installato, ho importato solo le mappe che serviranno in questo viaggio: Texas, New Mexico, Arizona e California. Sembra funzioni. Per uscire dalla metropoli americana, nel mio stile, scelgo la soluzione più veloce ma anche la più rischiosa da tanti punti di vista. Da Main Street ho preso direttamente la bretella che va sulla I30 W. Ponti, svincoli complicatissimi a 6 corsie con un traffico incredibile. Mi avesse preso la polizia sarei in Jail. Con molta prudenza e mille occhi, ho attraversato gli incroci e passato intricatissimi svincoli. In poco tempo mi sono trovato nella direzione corretta. C’era molto molto traffico, la strada aveva  3 corsie per direzione di marcia più una corsia veloce al centro. Avevo già pensato di uscire dalla Interstate prima di Fort Worth, un grande centro urbano. Mi sembrava di sfidare troppo la sorte. Non faccio in tempo ad arrivare all’uscita che mi ferma la polizia. Un agente molto gentile e disponibile, ha voluto vedere dove andavo e che strade alternative avrei avuto. Tutta la gentilezza del mondo  ma, nelle strade ad alto traffico proprio non si può. Esco attraversando un prato a piedi e prendo la strada normale. La deviazione è costata, alcuni chilometri in più, ma più che altro, mille semafori, sali scendi ripidi e un paio di strade in pavé.. Un sacco di tempo in più! Dopo aver superato la periferia di Fort Worth dal lato ovest, mi fermo per la seconda colazione e riprendo la I30 W. Si va bene, le praterie ai lati della strada sono sempre più a perdita d’occhio e gli alberi sempre meno. Ad occhio mi sembra di salire di più, o più probabilmente, saranno le mie gambe che iniziano a cedere. Dalle 12 in poi, il sole che fino a poco prima era anche piacevole, diventava una palla di fuoco. Si beve in continuazione. Meno male che ho la bandana e il caschetto. Quando mancavano una cinquantina di chilometri a destinazione mi sono fermato a mangiare. Quando sono uscito dal locale e sembrava di entrare in un forno. Il termometro segnava 40º. Pedalare era sopportabile nelle tratte in pianura o in discesa dove si filava, in salita era durissima. Quando vedevo un ponte, ogni 8 – 10 chilometri mi fermavo all’ombra a bere. Sono arrivato che erano quasi le 4. Avrò bevuto 3 borracce da 750, 6 bottigliette da mezzo litro e 2 coke XL. 

Ti fermi, ti gusti un gelato su una panca sotto una tettoia vecchio west e passa tutto 🤠

16 agosto, Abilene TX,

di queste cittadine del Texas, non vedrò niente, arrivo a destinazione sempre troppo stanco e con un caldo torrido che esclude categoricamente ogni forma di turismo. 

Ogni mattina si ritarda un po’ di più la partenza. A Gordon, alle 6:45 era buio pesto e di notte non è proprio il caso di avventurarsi per strade sconosciute. Parto e dopo poco dagli specchietti vedo il sole spuntare dietro di me. Mi devo fermare per forza per una foto. La strada è trafficata e pedalando mi aspetto dopo ogni curva una salita terribile che mi era stata segnalata a colazione. La temibile Ranger Hill detta anche il muro di Sormano del Texas. Scherzo! Non aveva quella pendenza, ma non finiva mai. Sulle strade percorse finora, ho trovato salite infinite fortunatamente non impossibili come pendenza. Passata la grande duna, ne sono seguite molte altre per tutto il percorso. Il panorama alternava aree urbane industrializzate vicino ai centri a distese sconfinate di pascoli e fazende. Iniziava di nuovo il caldo. Ho proseguito la tappa con le mie tempistiche collaudate. Dopo 50/60 chilometri, la seconda colazione, intorno ai 100/110 pranzo con sandwich e super coca cola, poi fino all’arrivo tutte le soste che servono per bere e riprendere fiato. Sono arrivato ad Abilene alle 2 circa e mi sono fiondato in  un Holiday inn. Bucato, bagnetto in piscina e si prova a recuperare le forze per la tappa successiva 🤠

Venerdì 17 agosto – Colorado City TX – wind day

Alle sei e trenta ero pronto, colazione fatta, bici ok. Ho riguardato fuori, tutto completamente buio. Notte! Sono partito alle sette meno dieci circa, quando il crepuscolo permetteva di vedersi intorno. Poi il sole inizia a salire e non ci vuole molto tempo per vedere l’alba delle più belle cartoline dagli specchietti della bici.

Sembrava procedere tutto per il meglio, salite e discese, si, ma moderate, veloci. Dopo una decina di chilometri pedalati ad un buon ritmo, inizia il vento. Era contrario, a ore undici. Inizialmente ho reagito bene, scalato qualche rapporto, un po’ come andare in salita. Ventesimo chilometro, trentesimo. Sempre vento. Sembravo Winnie the Pooh nella giornata di vento, tutto agitato e tanto sforzo per andare avanti, ma era sempre lì. Sosta per rigenerare, avevo già le gambe a pezzi. Mi riprendo con una bevanda al latte e cioccolato ricca di proteine e proseguo. Sempre costantemente vento contrario. Impossibile proseguire, al 70º volevo mollare tutto, le gambe non ce la facevano più. Fermo ad ogni ponte o raro benzinaio mi domandavo a chi chiedere un passaggio per arrivare a destinazione. Pausa dopo pausa a 30 dall’arrivo mi sono fermato l’ennesima volta per un Lunch con sandwich e coca grande. Ripresa dal fondo la risorsa che ti fa passare il muro del trentesimo chilometro (qui mi capiscono gli amici della Podistica), arrivo stanchissimo a destinazione. Doveva essere una tappa “leggera” sono diventati 118 interminabili chilometri. Dopo aver recuperato un po’, studio il piano. Se per la tappa successiva avessi avuto vento, avrei avuto a disposizione due opzioni per accorciare la tappa, 60 km Big Spring oppure 90 km Stanton. 

Sabato 18 agosto – Midland TX 

131 km iniziati con la diffidenza di chi aspetta la fregatura da un momento all’altro.

Avevo consultato il meteo e dava vento da Sud Ovest, in faccia come la tappa precedente. Macino i chilometri e il vento non arriva. La strada è ottima, liscia. Per me è  più importante l’asfalto liscio piuttosto che un po’ di salita. Con l’asfalto irregolare, con i sassolini, si fa tanta, tanta fatica in più. Arrivo velocemente al cinquantesimo chilometro.  Sosta con latte al cioccolato e riparto. Sembra funzionare tutto bene, il vento promesso non c’è, ci sono le pale eoliche ma non girano. Ottimo! Proseguo spedito ammirando un territorio che cambia. Gli alberi sono ormai rari, più che altro vegetazione bassa, cespugli. Si iniziano a intravedere gli altopiani spelacchiati all’orizzonte. Tanti i pozzi di petrolio e ogni tanto insediamenti industriali petroliferi, raffinerie. I colori dal verde rigoglioso diventano rossi di sabbia e gli orizzonti che si vedono ormai lontanissimi, iniziano ad essere quelli del far west. Ho visto qualche animale particolare vittima del traffico notturno: un serpente a sonagli e una lince… Arrivo a Midland all’una, dove registro la perdita di una borraccia. Sempre se  non me l’ha fregata quel tipo strano seduto per terra in un’area di sosta. Velocità, quasi 25 all’ora di media. Non male. Normale per delle uscite in Italia, ma ottimo per queste strade.

La città è dispersiva, strade larghissime, nessuno in giro, Sabato poi, è tutto chiuso. Pochi negozi, trovo per miracolo un fast food aperto. Faccio quattro chiacchiere con un tipo, a Midland solo banche e petrolio. Stanno costruendo. 

Domenica 19 agosto – Pecos TX

Sono arrivato oltre la metà di questa incredibile avventura e i primi acciacchi si sentono. La tappa per arrivare a Pecos era lunga, oltre 150 chilometri, l’approccio è stato conservativo. I primi chilometri fatti con moderazione avrebbero lasciato energie per la parte finale. Tutt’intorno il paesaggio continuava gradualmente a far diminuire inesorabilmente gli alberi a favore di grandi spazi spelacchiati, pozzi di petrolio e raffinerie. Il panorama è fantastico, l’orizzonte si perde in questa lunghissima strada che mi fa sentire una formica che la vuole percorrere per arrivare chissà dove. Faccio le mie solite soste per bere, mangiare e per qualche foto.

Nonostante i sali scendi e un po’ di vento al traverso, si fila.  Tutto bene fino a 30km dall’arrivo, poi inizia un dolore dietro al ginocchio destro. Una fitta che man mano che passano i chilometri, aumenta. Ci mancava qualcos’altro che mi facesse soffrire più del dovuto. Stringo i denti, cos’altro posso fare.

Con una velocità media scarsa, arrivo alle 2:30 con un caldo incredibile. Le temperature massime in queste zone si raggiungono tra le 3 e le 5,  alle 2:30 ci saranno stati 40º. Mi sono gustato un enorme frappè alla banana e via di corsa al Quality Inn con l’aria condizionata.

Gli hotel a Pecos sono tutti carissimi e la qualità è scarsa. Ho chiesto: “perché qui lo stesso hotel costa più del doppio?”. Tutte le strutture di Pecos, hanno una grande richiesta di stanze da parte delle aziende che lavorano col petrolio e questa richiesta superiore all’offerta fa lievitare i prezzi.  A cena, alle 6, il ristorante non aveva più posti. Completo! I commensali? tutti operai e tecnici messicani. 

20 agosto – Van Horn TX

La cittadina che stavo per raggiungere è al confine col cambio di fuso orario. Un manciata di chilometri dopo Van Horn, l’orologio va indietro un ora. L’alba sarà la più tarda, il sole sorgerà dopo le sette, dovrò tenerne conto. Sarà inutile mettere la sveglia alle 5:30 se poi dovrò aspettare per partire.

Sono partito da Pecos alle 7 e si vedeva appena. La strada inizialmente brutta, col passare dei chilometri è migliorata. Il vento inizialmente assente, dopo un paio d’ore è arrivato. C’è una buona notizia, questa volta soffiava dalla parte giusta!  Gianka, Eolo ti ha ascoltato, avessi avuto un gennaker 🙂

Nel mio programmare le tappe, da ora in poi dovrò fare molta attenzione anche ai rifornimenti disponibili lungo i percorsi. Su 150 chilometri circa, tra Pecos e Van Horn, ci sono solo due benzinai, a 27 e 75 chilometri. Bisogna avere, gambe, scorta d’acqua e qualcosa da mangiare. Il primo rifornimento lo raggiungo subito, è a mezzo servizio, manca la luce, il vento forte ha buttato giù il palo. Vado in bagno con la pila del telefonino e mangio una banana. Ho ancora tanta acqua, riparto. Il viaggio prosegue bene, il panorama è bellissimo. Deserto! Distese infinite, poi alture da scavalcare e poi ancora praterie. L’avvistamento di un cervo prima e un gruppo di cinghiali poi, mi ricorda che non è proprio deserto. Intanto io pedalavo. Col solito dolore sotto al ginocchio, ma pedalavo forte. Ho preso un’Aulin, leverà un po’ l’infiammazione? Non mi è sembrato. La strada era stupenda, la più bella fatta finora, liscia, salite leggere e infinite discese e soprattutto il panorama del Far West. Arriva il secondo rifornimento e si tratta di un benzinaio con negozietto annesso. Trattano solo cose confezionate. Ho comprato latte al cioccolato, un tramezzino doppio e un’acqua. Con l’acqua che avevo di scorta ero a posto fino all’arrivo. Penso di aver fatto il record. Sono arrivato in un baleno con lunghe tratte sui 40 all’ora. Il paese è poco più di un gruppo di case, il Texas Mountain Trail, il Red Rock tour, le cose da fare a Van Horn. Con quel caldo e la mia stanchezza, mi sono limitato a fare due foto e cercare un posto fresco dove recuperare 🤠

21 agosto Sierra Blanca, El Paso 🚴+🚛

Partenza alle 7:15 circa, bella giornata, fresca. La strada è ideale, si scollina un paio di volte in mezzo alle monumentali alture texane. Nonostante il percorso ideale, sono arrivato alla pausa colazione camminando. Sierra Blanca, era la prima sosta programmata, la gamba destra faceva troppo male. Negli ultimi chilometri percorsi, si era riacutizzato il dolore dietro al ginocchio, ho fatto l’ultimo chilometro a piedi. Dopo un dolce e il solito latte, dato che non c’erano panchine, mi sono seduto sul marciapiede. Volevo verificare se con un po’ di riposo  la gamba migliorava. E ora cosa faccio? Ho aspettato una mezz’ora, le poche persone che entravano nel negozietto mi salutavano chiedendo se era tutto ok. Io sempre: “hi, I’m fine, tks”, tutto bene grazie.  Invece no, anzi. Il polpaccio sembrava anche gonfio. Poi ho deciso, raggiungerò El Paso in autostop. Mi sono dato da fare e con i miei modi gentili in 10 minuti ho trovato un passaggio. Mario è un tecnico messicano che con il camion attrezzato fa assistenza per macchine edili pesanti. Gentilissimo oltre a offrirmi the freddo e acqua, diceva che non era nessun disturbo, che gli avrei fatto compagnia. Come sempre accade con chi non si conosce, si parla di tutto. Ha una bella famiglia ed è sempre in giro per lavoro anche per diversi giorni. Arrivati El Paso, mi ha accompagnato a Downtown anche se avrebbe dovuto fare un’altra strada. 

El Paso è una bellissima città di confine. Una linea la divide dalla città messicana Chaveña, Dall’altra parte un’enorme “X” che si vede da lontano indica il Messico. Lo stile dei palazzi coloniali si mischia qua e là con qualche edificio moderno per fortuna raro. Avrei conservato tutto com’era.

Il fisioterapista personale, Renato, sentito per telefono, ha fatto la prognosi: affaticamento. Mettere ghiaccio, fare dello stretching per allungare il muscolo, magari una fascia elastica e vedere come va. Deciderò in seguito. Le tappe che restano in teoria, non sono eccessivamente impegnative ma per me potrebbero diventarlo, probabilmente inizio a sentire i chilometri.

22 agosto Las Cruces – New Mexico

Un passaggio importante, stiamo mettendo alle spalle un stato americano immenso. Il solo Texas ha una larghezza superiore della distanza tra Milano e Taormina… 

La partenza va fatta con calma, questa tappa era corta e l’avevo aggiunta per verificare lo stato della gamba dolorante. Il programma a El Paso prevedeva un giorno di relax, ho preferito rinunciarci per dividere qualche percorso lungo. Sono partito con vento contrario in compagnia di un ciclista incontrato sulla Mesa Street, una delle principali vie del centro che portano fuori città in direzione ovest. La strada inizia tutta in salita, il ciclista fa strada, si sale fino a quota 1250 mt. Dopo una decina di chilometri, ho lasciato l’amico per prendere la I10. Il tempo era bello, il vento è diminuito e il paesaggio dopo le ultime attività urbane mostrava tutta la vastità del Chihuahua Desert. A sinistra gli infiniti orizzonti del Messico, davanti a me, in fondo, in fondo, le montagne. Ho fatto la sosta in un’area di servizio proprio sul confine col New Mexico. Iniziava la nuova Interstate e proprio lì ho visto il primo cartello negli USA che indicava il divieto di transito per pedoni e bici. O cavolo! Naturalmente ho proseguito come se niente fosse, ma con un po’ di apprensione, l’alternativa sarebbe per me estremamente più faticosa. Dopo qualche chilometro ad uno svincolo ho visto un cartello che confermava il divieto per i pedoni, ma sotto aveva il simbolo della bici con scritto “use shoulder only” ho interpretato: “le bici possono andare, purché utilizzino la corsia di emergenza”. Purtroppo non sarà dappertutto così. 

Sono arrivato alle 10:30 a destinazione dopo i 71 chilometri della mini tappa. Sarebbe davvero bello non aver nessun vincolo di tempo e poter fare la quantità di strada che ci si sente senza esagerare. Starbucks, hotel e si pianifica il prossimo itinerario 🤠 Ah, la gamba va abbastanza bene. Un po’ di dolore negli ultimi 20 chilometri circa, ma meno del giorno precedente. Non prenderò però altri medicinali, tra i farmaci e i menù degli Stati Uniti sto rovinando lo stomaco.

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